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Barilla dice NO ad indicare l’origine del grano della sua pasta

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La Barilla dice NO all’obbligo di indicare l’origine del grano nelle confezioni della sua pasta.

Chiediamoci perchè, in particolar modo quando siamo davanti allo scaffale del supermercato.

Il decreto varato dal Governo Renzi prevede di indicare l’origine del grano nelle confezioni di pasta e successivamente inviato a Bruxelles.

Finalmente i consumatori possono conoscere l’origine del grano che viene utilizzato dalla grande distribuzione della pasta. I controlli su tutti i derivati del grano proposti da GranoSalus rimangono comunque rilevanti.
Indicare nelle confezioni di pasta l’origine del grano, come prevede un decreto che il Governo Renzi ha inviato a Bruxelles il 18 novembre scorso. Ma questo alla multinazionale Barilla non piace. Lo dichiara apertamente, in un articolo del Corriere della Sera on line, Luca Virginio, responsabile relazioni esterne del gruppo, esprimendo il proprio ‘dissenso’ poco prima della presentazione dei nuovi contratti di coltivazione per il grano duro di qualità di ben 900 mila tonnellate in 3 anni.

I decreto in questione prevede l’introduzione obbligatoria nella confezione, dell’origine della materia prima. Nella pasta si dovrà indicare da dove arriva il grano duro. Se è di origne italiana dovrà essere specificato da dove arriva; nel caso l’orine sia estera, sulla confezione dovrà essere specificato indicando da quale Paese del mondo arriva.

Per l’Italia – Paese dove arriva una grande quantità di grano duro dal Canada, pieno di glifosato e di micotossine – il decreto è una vera rivoluzione. Un provvedimento nato dall’accordo raggiunto tra il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, e il suo collega dello Sviluppo economico, Carlo Calenda (entrambi hanno fatto parte del Governo Renzi ed entrambi sono stati in seguito riconfermati dopo la sostituzione di Renzi a Palazzo Chigi da Paolo Gentiloni).



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Il dirigente della multinazionale Barilla dichiara di nutrire “forti dubbi e perplessità sul decreto per l’origine della materia prima in etichetta della pasta che, nella sua versione attuale, confonderebbe i consumatori e indebolirebbe la competitività della filiera della pasta. L’origine da sola – aggiunge Virginio – non è infatti sinonimo di qualità. Inoltre, non incentiva gli agricoltori italiani a investire per produrre grano con gli standard richiesti dai pastai. A tutto svantaggio del consumatore, che potrebbe addirittura arrivare a pagare di più una pasta meno buona. E dell’industria della pasta, che con un prodotto meno buono, perderebbe quote di mercato, soprattutto all’estero”.

La chiarezza per quanto riguarda l’origine del grano duro è sinonimo della qualità del prodotto. L’origine, soprattutto in un alimento come il grano duro, non è solo sinonimo di qualità, ma è anche una garanzia per noi consumatori. Soprattutto quando il grano duro estero contiene sostanze dannose per la nostra salute.

Il Governo italiano, con questo decreto, sta cercando di valorizzare il grano duro italiano (che, lo ricordiamo, per l’80% è prodotto nel Sud Italia) – noi siamo un po’ più radicali e, come dicono dalle parti di GranoSalus, ricordiamo che l’etichetta, da sola, non puo’ bastare.

Purtroppo oggi, a causa degli effetti nefasti provocati dalla globalizzazione dell’economia, è importante sapere cosa c’è scritto nelle etichette dei prodotti, quanto lo è per quello che contiene la confezione che conserva il suddetto prodotto. Nel caso della pasta è importante che sia specificato nell’etichetta l’indicazione circa la provenienza del grano. Ma è ancora più importante che produttori di grano duro e consumatori promuovano i controlli sui prodotti confezionati.

A proposito, esiste il programma di lavoro proposto dall’associazione GranoSalus e da altre associazioni che seguiranno questa strada. GranoSalus è un’associazione – che vede insieme svariati produttori di grano duro del Mezzogiorno d’Italia e altrettanti consumatori – che si propone di effettuare analisi su tutti i derivati del grano: pasta, pane, pizze, farine, semola, dolci e altro ancora.

Le analisi dovranno essere eseguite sui prodotti finiti e dovranno essere effettuate da vari soggetti ‘terzi”.

Chi non ha nulla da nascondere non dovrà temere né le informazioni scritte sulle confezioni, né le analisi.

Questo è un piccolo passo avanti per i diritti dei consumatori. E, nel caso del grano duro prodotto nel Sud Italia, per tutelare e promuovere un prodotto che, grazie al clima, non contiene micotossine.

I produttori di grano duro del Sud Italia non sono obbligati a seguire le indicazioni dei pastai, che chiedono un grano duro iperproteico per risparmiare sui costi di produzione. Un’alta percentuale di glutine non fa bene alla nostra salute. Quando il mercato estero prenderà coscienza di questo e speriamo che questo avvenga molto presto… finalmente ci sarà un cambiamento.